Punk è un termine che deriva dal punk rock, ovvero dal genere musicale diffuso negli anni ’60 da gruppi quali The Sex Pistols, The Clash e The Ramones, solo per citare i più famosi. Ma come spesso accade nelle sub culture, un genere musicale diventa il punto di partenza per la nascita di uno stile di abbigliamento.
Storia del punk
Questo è accaduto con il punk, un genere che nasce in quegli anni e che si perpetua anche nel nostro presente. I valori che i punk condividono si basano essenzialmente sul rifiuto delle regole costituite e quindi sull’abolizione dei canoni estetici imperanti. Ogni elemento dell’abbigliamento viene capovolto, per cui se le gonne e i pantaloni che la massa indossa sono perfettamente stirati e lindi, i punk scelgono di sfoggiare capi di abbigliamento strappati, sdruciti e tenuti assieme da aghi da balia. Controcultura. Questo il termine che più identifica il movimento, il quale rifiuta anche le regole sociali e scrive le proprie proponendo alla massa uno stile che va contro ogni estetica di bellezza e che mira all’abbruttimento per sconvolgere, stupire, indurre sensazioni forti sulle persone che li osservano. Il punk è un movimento coraggioso, che basa la sua essenza nel recupero e nello stravolgimento dei capi d’abbigliamento.
L’abbigliamento punk
Così come i pantaloni, le calze e le gonne vengono stracciate, le magliette vengono dipinte con colori spray, rese batik com metodi home made e si accompagnano a giubbini in pelle borchiati, figli del proletariato britannico al quale si rimandano come fonte di ispirazione. Anche le calzature attingono a questo universo, in quanto non mancano mai gli anfibi, soprattutto il modello per eccellenza Dottor Martins. Il nero è il colore preferito, ma il punk non disdegna incursioni nel rosso, nel rosa vivo e nelle stampe: una su tutte il tartan segno distintivo di appartenenza al mondo anglosassone. Catene al collo, borchie e collari di pelle sono gli accessori punk, a quali si affiancano tanti aghi di sicurezza piantati sulle orecchie e sulle guance.
Questi sono gli esordi, i quali vedono mutare l’originalità in una scelta di stile contrassegnata dall’uso massiccio di piercing e di tatuaggi. Questo è forse il punk degli anni ’90, leggermente più elaborato ma identico nella scelta dei capi di abbigliamento. Veniamo ora alla parte forse più identificativa dell’estetica punk: i capelli. Da questo movimento nasce la famosa cresta, ripresa dai guerrieri mohicani che vede una rasatura laterale e una centrale striscia di capelli alzata e fermata con cere e pomate. Anche le donne sfoggiano la cresta punk, spesso colorata con tinte fluo, oppure optano per tagli dalle scalature incredibilmente varie, spesso distinte da rasature laterali, frontali o nella zona della nuca. Il make up è sia maschile che femminile. Se gli uomini si limitano alla matita nera sotto gli occhi, le donne abbondano con un make up incisivo, votato a ricreare un effetto scenografico sia sugli occhi che sulla labbra. I colori più usati sono il viola profondo, il rosso e l’immancabile nero, impiegato a volontà negli ombretti e nei rossetti.
Come sono i punk oggi?
Il punk ha profondamente segnato la storia del 900 e si può intendere come uno degli stili più coraggiosi di tutti i tempi. Non si diventa punk per caso, in quanto molte sono le scelte stilistiche che accompagnano questa sub cultura. Punk è originalità, è il valore di affermare uno stile che va contro ogni logica e che lo fa a testa alta. Non a caso molti stilisti si sono ispirati al genere, una su tutte la regina del punk Vivienne Westwood e il genio di Alexander McQueen. Se la prima ha da sempre amato il punk e lo ha proposto nell’haute couture come unica alternativa alla noia della moda, il secondo ha saputo liberare certi simboli di appartenenza, uno su tutti il teschio e proporlo al grande pubblico con una naturalezza priva di compromessi.
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